Dove vanno a “morire” le navi?

A trent’anni le vecchie signore del mare sono da buttar via. Nate in cantieri ipertecnologici robotizzati, finiscono sulle spiagge del terzo mondo, smantellate a mano pezzo per pezzo.
Il cap. Walter Macovaz, esperto in storia della costruzione e della tecnologia navale, con un breve excursus storico racconterà , nel corso di una visita guidata gratuita, il destino delle navi a fine carriera.
Domenica 5 marzo, alle ore 10.30, presso il Civico Museo del Mare di Campo Marzio, 5.

La demolizione navale (ship-breaking) è una delle attività più rischiose al mondo. La maggior parte delle demolizioni navali è stata spostata in diversi paesi in particolare nella Regione del Sud-Asia quali Bangladesh, India e Pakistan.
Si calcola che ogni anno circa 600 navi arrivino in questi cantieri dove vengono smantellate pezzo per pezzo per separare il materiale riutilizzabile dal resto.
Bassi salari, regolamentazione inesistente, scarsa attenzione ai problemi ambientali: questi i motivi principali che hanno determinato la delocalizzazione dell’attività nel Sud dell’Asia.
Demolire le grandi navi è uno dei lavori più duri e pericolosi del mondo. Ma in questi Paesi, pur di sopravvivere, si trovano molti uomini disposti a farlo.

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